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al-Ṣādiq al-Nayhūm

Scrittore, saggista e critico, al-Ṣādiq al-Nayhūm nacque a Bengasi nel 1937. Laureatosi nel 1961 alla Facoltà di Lettere della sua città, si specializzò a Monaco in Lingua tedesca e a Helsinki in Letterature comparate. Nonostante la lunga permanenza in Europa e negli Stati Uniti, al-Nayhūm mantenne sempre stretti i legami con la patria collaborando con vari giornali libici, tra cui le riviste «al-Nāqid» (Il critico), «Lā» (No) e, soprattutto, la testata «al-Ḥaqīqah» (La realtà). Gran parte della sua produzione letteraria, infatti, fu pubblicata inizialmente sulla stampa libica e, solo dopo la sua morte, è uscita sotto forma di libro.
al-Nayhūm è stato uno dei rappresentanti più significativi della corrente letteraria degli anni Sessanta, che favorì il progresso intellettuale e sociale della Libia, consentendo al paese di sottrarsi all’isolamento culturale in cui era vissuto fino ad allora.
Intellettuale poliedrico e attivo conferenziere, egli diversificò molto i suoi interessi occupandosi di tematiche sociali, politiche e religiose. Tra i suoi lavori segnaliamo al-Ḥadīṯ ‘an al-mar’ah wa ’l-diyānāt (Il discorso sulla donna e le religioni), un’opera in cui analizzò la condizione della donna secondo le tre fedi monoteiste (l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam), con l’intento di dimostrare che l’emarginata condizione della donna musulmana è frutto dell’errata interpretazione della religione da parte dell'uomo. Molti suoi studi furono dedicati all’Islam, come: Ṣawt al-nās, maḥnat ṯaqāfah muzawwarah (La voce della gente, la sventura di una cultura falsa), al-Islām fī ’l-asr: man saraqa al-ğāmi‘ wa ayna ḏahaba yawm al-ğum‘ah? (L’Islam prigioniero: chi ha rubato la moschea e dove è andato a finire il venerdì?), Islām ḍidda al-Islām: šarī‘ah min waraq (Un Islam contro l’Islam: una legge di carta). In questi saggi l’autore cercò di distinguere i genuini insegnamenti del Profeta dalle falsità che si sono radicate nell’Islam con il passare dei secoli. Il suo lavoro più noto è il romanzo Min Makkah ilà hunā (Dalla Mecca a qui).
Tra le raccolte di racconti ricordiamo Min qiṣaṣ al-aṭfāl (Dalle storie dei bambini) e Taḥiyyah ṭayyibah wa ba‘d (Cari saluti e poi), che contengono storie impregnate di quel sottile sarcasmo che contraddistingue l’intera produzione letteraria di al-Nayhūm. Nei racconti di Min qiṣaṣ al-aṭfāl egli seppe unire la realtà alla fantasia, facendo rivivere personaggi e fatti tratti dall’antica cultura popolare. Attraverso sultani di fantastici regni o personaggi come Ğuḥā, Abū Zāyd al-Hilālī, l’eroe dei Banū Hilāl, al-Nayhūm attirava l’attenzione del lettore con trame fiabesche, per poi metterlo di fronte a tematiche politiche, sociali e religiose reali, a lui contemporanee. Nonostante il tono della raccolta apparentemente gioioso, le storie hanno il fine di sottolineare e criticare le lacune della società libica. Il libro, perciò, a dispetto del titolo adottato solo per una sorta di auto-censura, tesa a non incorrere in eventuali dissapori con gli ambienti conservatori, non è affatto una raccolta di fiabe destinate all’infanzia, bensì un lavoro che, attraverso la veste metaforica, mostra le contraddizioni che accompagnarono i profondi mutamenti vissuti dal paese in quegli anni. Anche in Taḥiyyah ṭayyibah wa ba‘d, raccolta che prende il titolo da una formula di saluto con cui in arabo si apre la corrispondenza e a cui segue il testo vero e proprio, si compone di storie a sfondo sociale e politico in cui al-Nayhūm continuò a stigmatizzare coloro che interpretano la religione secondo i bisogni personali, trovando appoggio in feghì compiacenti e bigotti.
al-Nayhūm, in definitiva, ha rappresentato una voce particolare nella letteratura libica, capace di invogliare i libici a leggere, anche quelli meno avvezzi alla lettura. Le sue opere suscitarono reazioni ambivalenti tra i suoi connazionali: alcuni lo acclamarono per il coraggio mostrato nel denunciare ataviche condotte del suo paese; altri, invece, lo condannarono perché i suoi scritti, in cui si ironizza sulla religione, furono interpretati come una minaccia alla stabilità della società libica, se non addirittura come una attacco alla fede. Eppure, dopo la morte dell’autore, avvenuta a Ginevra nel 1994 dopo una lunga malattia, certamente le sue opere sono state rivalutate e apprezzate in patria, grazie anche alla maggiore maturità culturale delle nuove generazioni di lettori.

Elvira Diana

 

 

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