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Hoda Barakat

È nata nel 1952 a Bsharra, un piccolo villaggio maronita a nord del Libano. Si è trasferita a Beirut per compiere i suoi studi alla Lebanese University, dove si è laureata nel 1975 in Letteratura Francese. Nel 1989, quando il Libano s’infiammava con quelle che sarebbero state le ultime bombe della guerra civile, Hoda decide di lasciare il paese e trasferirsi a Parigi, dove lavora come scrittrice, giornalista e traduttrice. Nel 1985 ha scritto il suo primo lavoro, una raccolta di racconti intitolata al-Za'irat (Le visitatrici), ma è con Hajar al-dahik (La pietra del riso), del1990, romanzo tradotto in inglese, francese e olandese, che comincia ad essere conosciuta all’estero.
Nel 2000 vince il prestigioso premio letterario "Naguib Mahfouz Medal for Literature" per il suo terzo romanzo Harith al-miyah (L’uomo che arava le acque).

Opere in italiano:

Malati d’amore
Traduzione S. Pagani, Roma, Jouvence, 1997, pp. 130.
Titolo originale: Ahl al-hawà

In questo romanzo “apprezzato dalla critica perché profondamente intimistico” (Jouvence) l’autrice narra la storia di un uomo e del suo amore totalizzante per una donna. Attraverso la voce maschile del protagonista – la maggior parte dei personaggi principali nei romanzi di Hoda sono maschili – l’autrice ritrae la vicenda drammatica di un amore folle, che condurrà le sue vittime a una fine tragica. Lo sfondo della guerra civile in Libano e le varie vicende che investono il protagonista, porteranno il lettore a chiedersi chi sia poi veramente folle, condizione esistenziale che, agli occhi dell’autrice, sembra apparire come invidiabile. “In moments of extreme tension, we experience madness. The only difference between us and the mad is that the water of our daytime dilutes the wine of our nights, whereas their situation is a permanent night.”[1]

L’uomo che arava le acque
Traduzione S. Pagani), Milano, Ponte alle Grazie, 2003, pp. 184.
Titolo originale: Harith al-miyah

L’uomo che arava le acque “è il popolo libanese che si rifà alle proprie origini fenici (…), ma è anche il protagonista del mio romanzo che appartiene a una generazione superata, a un mondo di valori che non esiste più e che non ha più memoria.” [2] Niqula è figlio di un mercante di tessuti sopravvissuto per miracolo alle bombe della guerra civile, in una Beirut sconvolta e in cui la presenza umana è ormai un ricordo. Avvolto tra le sontuose stoffe del suo magazzino, riaffiorano le parole del padre di Niqula, secondo cui filatura, tessitura e cucito sono l’immagine in cui si riflette l’universo creato. Così attraverso la metafora del tessuto, Hoda Barakat ripercorre le storia dell’umanità.

Lettere da una straniera. Da Beirut a Parigi: diario di una vita altrove
Traduzione S. Pagani, Milan, Ponte delle Grazie, 2006, pp.131.
Titolo originale: Rasa'il al-gharbiyyat

Questo romanzo raccoglie una serie di articoli pubblicati sul quotidiano libanese "al-Hayat", tra il 2000 e il 2001, attraverso i quali l‘autrice ci presenta lo stato dell’esule e della perdita di appartenenza e di comunità indotta dall’esilio.

[nomi riportati senza trascrizione scientifica]

Note:

1 Hoda Barakat, nell’intervista di Youssef Rakha, “Starting over”, in Al-Ahram Weekly, 25 Nov. – 1 Dec. 1999, issue No. 457

2 Hoda Barakat nell'intervista di Patrizia Danzé comparsa su "Il sottoscritto"

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