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Elias Khuri

Critico, scrittore, drammaturgo e giornalista Elias Khuri è un autore libanese di fama internazionale. Nel 2001 è diventato Global Distinguished Pofessor alla New York University. Dal 1992 è capo redattore e direttore di al-Mulḥaq, il supplemento culturale del quotidiano libanese "al-Nahar". Ha insegnato in diverse università, tra cui la Columbia University, la Lebanese University e la American University of Beirut. Nato a Beirut Est, ad Ashrafiyyah, il 12 luglio del 1948 in una famiglia benestante cristiano-ortodossa, Khuri ha studiato Storia e Sociologia alla Lebanese University. Si è poi recato in Giordania per visitare un campo profughi palestinese ed è qui che è diventato sostenitore dei diritti del popolo Palestinese e attivista dell’OLP. Nel Settanta, dopo il Settembre Nero, Khuri decise di completare i suoi studi alla Sorbonne di Parigi e di tornare poi in Libano, dove lavorò nel Palestine Research Center. Molti anni dopo riporterà i drammi e le vicende dei Palestinesi in un libro, Bab al-Shams (1998), vincitore del «Premio Gerusalemme» da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese. Tradotto in diverse lingue, anche in italiano (La porta del sole, Einaudi, Torino, 2004). "The Guardian" descrive questo romanzo come “the most comprehensive fictional treatment of the Palestinian nakbah, or ‘catastrophe’, of 1948.”[1] Già nei primi anni Settanta Khuri inizia a collaborare, assieme ad altri scrittori quali Mahmud Darwish e Hisham Sharabi, alla redazione della rivista Mawaqif, fondata nel 1968 dal poeta siriano Adonis. Scriverà inoltre, dal 1975 al 1979, per la rivista Shu’un Filastin (Questioni palestinesi) e in seguito sarà direttore editoriale della sezione culturale di al-Safir. A differenza di molti intellettuali della sua generazione, Khuri non lasciò il Libano durante gli anni della guerra civile (1975-1990), ma continuò le sue attività di critico letterario e cominciò la sua carriera di scrittore con il celebre romanzo al-Jabal al-saghir (Dar al-Adab, Beirut, 1977), tradotto anche inglese (The Little Mountain, Picador, New York, 2007) e in francese (La petite montagne, Actes Sud, Paris, 2009). Negli anni Ottanta oltre a scrivere numerosi romanzi, tra cui al-Wujuh al-bayda' (1981) e Rihlat Ghandi al-Saghir (1989) destinati ad avere successo internazionale, si dedicherà anche al teatro, scrivendo tre sceneggiature teatrali, eseguite in diverse città, tra cui Parigi, Berlino e Vienna.


Opere in italiano:

Facce Bianche
Traduzione di E. Bartuli, Torino, Einaudi, 2007, pp. 278.
Titolo originale: al-Wujuh al-bayda' (1981).

Il 13 aprile 1980, a Beirut, viene trovato in mezzo a un cumulo di immondizia il cadavere di un uomo: Khalìl Ahmad Jàbir. Ucciso violentemente, il protagonista, un laureato in scienze politiche, cerca di ricostruire la storia di quest’uomo dando voce ai diversi personaggi che lo hanno conosciuto. Diviso in sei capitoli – che è il numero delle persone che hanno avuto un contatto con la vittima – questo romanzo, scritto sottoforma di inchiesta giornalistica, narra molto di più della storia di un uomo. È infatti la ricostruzione del violento quadro in cui si è svolta la guerra civile libanese, che Elias Khuri ha vissuto in prima persona. Con uno stile asciutto, crudo e diretto, l’autore narra le incalcolabili morti violente che hanno avuto luogo in quegli atroci e drammatici anni di violenza e follia, in cui l’uccisione di un uomo – con una vita e una storia alle spalle – perde di eccezionalità e va a integrarsi a quella che era, a partire dal 1975, la quotidianità per i cittadini di Beirut.

Il viaggio del piccolo Ghandi
Traduzione di E. Bartuli, Presentazione di B. Scarcia Amoretti, Roma, Jouvence, 2001, pp. 171.
Titolo originale: Rihlat Ghandi al-Saghir (1989).

Alice, una ex- prostituta divenuta donna di servizio presso un albergo di Beirut, racconta al narratore le molteplici storie che fanno di lei la guardiana di una memoria collettiva. Seconda voce narrante, questa “puttana vecchia e brutta” racconta di aver trovato, nel settembre del 1982, quando le forze israeliane invadevano il Libano, il cadavere di un lustrascarpe, Abd al-Karim, soprannominato “il piccolo Ghandi”. Attorno a questo piccolo grande uomo, protagonista e vittima della guerra, si tessono le passioni umane dei personaggi – dalla ricerca della razionalità, al miraggio dell’amore e della fortuna. Passioni destinate a confluire inesorabilmente verso il caos e l’irrazionalità della guerra.

La porta del sole
A cura di E. Bartuli, Torino, Einaudi, 2004, pp. 295.
Titolo originale: Bab al-Shams (1998).

La porta del sole è un romanzo epico che affronta la fuga e l’espulsione di migliaia di palestinesi durane la guerra del 1948, o meglio, durante la nakbah o “catastrofe”. Un libro autentico, in cui si intrecciano centinaia di storie, voci e ricordi di un periodo complesso, che Khuri ha documentato in prima persona quando era ragazzo, recandosi nei campi profughi sparsi per tutto il Medio Oriente e facendo interviste ai Palestinesi che sono stati cacciati dalla loro terra.
Ambientato a Beirut, in un ospedale improvvisato e situato nel campo profughi di Shatila, Yunis, una combattente della resistenza palestinese, è in coma. Il Dott. Khaleel, narratore de La porta del sole, cura l’uomo più anziano raccontandogli delle storie per tenerlo in vita. Assieme ai racconti di tutti i giorni, di espropriazione ed espulsione, il libro traccia la storia complessa del Libano e della Palestina, dal 1930 al 1990, e, in particolare di Shabra e Shatila durante il massacro del 1982.

[nomi riportati senza trascrizione scientifica]

Note:

1: Maya Jaggi, A circle of madness, "The Guardian", Saturday 28 July 2007

 

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